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finanza

Le startup, le scale-up e gli unicorni spiegati bene con i grafici

 

Nella sua accezione più economica, il termine unicorno è stato reso popolare dalla venture capitalist Aileen Lee, fondatrice di Cowboy Ventures, che lo utilizzò nel 2013 per descrivere le startup di proprietà privata con una valutazione superiore al miliardo di dollari nell’articolo per techcrunch.com “Welcome to the Unicorn Club: Learning from Billion-Dollar Startups” .

Alcuni esempi lampanti di (ex) unicorni sono attuali mostri sacri del mercato quali Airbnb, il colosso videoludico Epic Games (mai sentito parlare di Fortnite?) o anche Robinhood per quello che riguarda il settore fintech.

Nell’articolo della Lee viene specificato molto chiaramente come l’essere un unicorno sia particolarmente esclusivo dato che, analizzando le startup in ambito software fondate negli anni 2000, solo lo 0,07% è riuscito poi a raggiungere la soglia del miliardo di dollari per quanto riguarda la valutazione, rendendole di fatto tanto raro quanto trovare un unicorno “vero”.

Parlando a livello generazionale, si potrebbe dire che i primi unicorni sono stati fondati negli anni ’90, dai quali è riuscito emergere una creatura ancora più mitologica, vale a dire il “super unicorno” (valutazione da almeno cento miliardi di dollari, che in gergo assume il nome di hectocorn, seconda evoluzione dopo il decacorn dei dieci miliardi), rappresentato da Google in questa prima decade e seguito poi da Facebook in quella successiva.

E proprio per indagare un po’ meglio su quello che è lo scenario attuale, noi di Info Data abbiamo pensato di andare a scovare tutti gli unicorni attualmente avvistati sul mercato, servendoci dei dati pubblicati da Cbinsight.

Nei grafici che seguono sono state raffigurate tutte le startup considerabili come unicorni a livello mondiale, categorizzandole per settore di appartenenza e provenienza geografica (entrambe le visualizzazioni possono agire come filtro) e per le quali è possibile scoprire i dettagli al passaggio/click sul relativo istogramma.

Questo safari imprenditoriale è costituito da ben 865 realtà che complessivamente hanno una valutazione superiore ai 2800 miliardi di dollari, suddivise in quindici diverse “specie” di settore e distribuite (non di certo uniformemente) su tutto il pianeta.

Tra le industry più rappresentative spiccano sicuramente il Fintech – strumenti digitali applicati in ambito finanziario che prendono il nome da Finance e Technlogy – che conta ben 173 aziende, affiancato dal settore di software e servizi dedicati ad internet forte di altre 150 realtà, a cui poi fanno seguito eCommerce (93), intelligenza artificiale (71) e salute (57) come altri ambiti rappresentati da almeno cinquanta casi di successo.

Per quanto riguarda invece la già anticipata distribuzione geografica, c’è una netta predominanza degli Stati Uniti che con 432 startup detengono la paternità dell’esatta metà delle 865 censite, a cui si aggiungono le 165 della Cina e le 45 dell’India, lasciando di fatto fuori dal podio i paesi europei che spuntano per la prima volta solo in quarta posizione rappresentati dal Regno Unito con 33 unicorni.

 

Unicorni fantastici e dove trovarli

Scorrendo la lista ordinata secondo la valutazione (ricordiamo espressa in miliardi di dollari), troviamo al primo posto Bytedance, la compagnia cinese ormai divenuta multinazionale, nota ai più per essere la sviluppatrice – tra le varie app – di TikTok, il social destinato a diventare presto leader di mercato.

I 140 miliardi di valutazione vanno di pari passo con una quota stellare di utenti attivi tra le varie piattaforme che sfiora quasi i due miliardi nonostante sia stata fondata “solo” nel 2012, assumendo però di fatto una natura internazionale tra il 2016 ed il 2017, in concomitanza con un paio di acquisizioni degne di nota come quelle di Flipagram e Musical.ly, divenute poi quello che adesso tutti conoscono come TikTok.

In seconda posizione (100,3 miliardi di dollari) troviamo una delle creature ideate e fondate da Elon Musk, vale a dire SpaceX, l’azienda aerospaziale statunitense con sede in California che si pone come obiettivo primario la creazione di una tecnologia per ridurre i costi di accesso allo spazio, con particolare attenzione alla colonizzazione di Marte.

Nella lista dei primi traguardi centrati dalla compagnia fondata quasi vent’anni fa (2002) spiccano sicuramente il primo razzo privato a raggiungere l’orbita (Falcon 1 nel 2008) ed il primo lancio di una navicella spaziale privata verso l’orbita con relativo recupero (Dragon 2010), fino ad arrivare all’ultimo successo dell’anno scorso con il quale SpaceX è diventata la prima azienda privata a mandare astronauti sulla Stazione Spaziale Internazionale grazie alla missione Crew Dragon Demo-2.

Rimanendo negli Stati Uniti (pur avendo una parte delle origini radicate in Irlanda), ma decisamente in tutt’altro settore, al terzo posto della classifica, poco al di sotto della quota cento miliardi di dollari (95), compare Stripe, prima rappresentante dell’industry fintech, che permette a privati ed aziende di inviare e ricevere pagamenti via internet, indipendentemente che si il servizio sia integrato in un sito, in un marketplace oppure in una app.

Proseguendo nell’elenco, si possono trovare nomi più o meno noti a seconda della propria familiarità con i specifici ambiti e, tra quelli a noi più conosciuti, segnaliamo sicuramente Canva (40 miliardi) che nasce come strumento di progettazione grafica in potenziale alternativa al conosciutissimo Photoshop di proprietà di Adobe, oppure Instacart che nell’America settentrionale ha implementato una rete di servizi logistici per la gestione di consegna e ritiro di generi alimentari, servendosi di un personal shopper incaricato di prelevare i prodotti, confezionarli e consegnarli nell’ordine secondo i tempi stabiliti dai clienti.

Se tra i lettori c’è qualche appassionato di informatica, specialmente lato BigData, non sarà passata inosservata anche Databricks (38 miliardi) società di software fondata nel 2013 dagli stessi creatori di Apache Spark che sviluppa una piattaforma web-based per gestire grandi quantità di dati strizzando l’occhio a data scientist e data engineer.

In chiusura, sempre con l’interno di accelerare la ripresa dei viaggi un po’ per tutti, in particolar modo fuori dai confini nazionali, riserviamo l’ultima menzione per Revolut (33 miliardi), anch’essa categorizzata nel settore Fintech, ma che, oltre ai tipici servizi bancari, ha come caratteristiche principali quelle di poter gestire in maniera agile transazioni in criptovaluta, pagamenti peer-to-peer, supportando inoltre spese e prelievi bancomat in 120 diverse valute.

Non vi resta quindi che andare alla ricerca di tutti gli unicorni presenti nella lista interagendo con i grafici, e chissà che non siate così fortunati da posare lo sguardo sul prossimo destinato a diventare un decacorn o addirittura un hectocorn…?